
La carne è uno dei principali gruppi alimentari. Durante le mie visite trovo persone a cui non piacciono le verdure, i legumi, a volte il pesce, ma è raro trovare chi non apprezza la carne.
Qualcuno la bandisce dalla propria dieta, la scelta però è dettata più da motivazioni che non c’entrano nulla con il gusto.
Si tratta di una categoria alimentare controversa, spesso al centro di dibattiti sulla salubrità e la sostenibilità ambientale. Le argomentazioni sono tantissime e ho deciso di scrivere qualche riga per capire meglio la questione, invitandoti a riflettere con l’ausilio della mia modesta opinione sull’argomento.
Le domande alle quali vorrei dare una risposta sono:
- Un consumatore di carne può sedersi a un tavolo di vegani senza sentirsi un assassino o un distruttore ambientale?
- Mangiare carne può conciliare la salute sia del pianeta che del proprio corpo?
Non ridere troppo, queste sono domande esistenziali.
Cosa c’entra la sostenibilità
Rispondere ai quesiti formulati implica la conoscenza del termine sostenibilità.
Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.
Enciclopedia Treccani
Come avrai ben capito, la sostenibilità non si limita al campo ambientale, ma considera anche quello economico e sociale.
Si tratta della solita storia della cicala e della formica, solo spalmata su un arco di tempo molto più lungo.
Il concetto di sostenibilità fa a cazzotti con il mondo della carne, perché (e questa è un’argomentazione su cui fanno leva molti demonizzatori della carne) produrre carne ha un impatto sull’ambiente molto superiore rispetto agli alimenti vegetali.
Non ho nulla da obiettare in proposito, tuttavia il discorso è molto più ampio e non deve essere tradotto in un’assoluta rinuncia all’alimento.
Il motivo è semplice, perché c’è modo e modo di produrre la carne, così come c’è modo e modo di consumarla. Quindi il trinomio, carne, sostenibilità e salute può esistere.

Vedremo come a breve, per capire meglio però, prima bisogna concentrarsi sul mondo degli allevamenti di bestiame e della produzione di carne.
Rispetto per gli animali e attenzione al prodotto
I problemi maggiori avvengono con l’esagerazione. L’industrializzazione massiva del settore allevamento produce diversi effetti negativi.
Deforestazione
La deforestazione serve a far posto a pascoli e colture. L’abbattimento degli alberi riduce la capacità del pianeta di assorbire l’anidride carbonica.
Riduzione della fertilità del suolo
Gli animali da allevamento mangiano come noi e per nutrire questi animali si sfruttano le monocolture, che spremono i terreni e li impoveriscono.
Riduzione della biodiversità animale
Alcune razze sono più produttive e per questo vengono selezionate per aumentare il bilancio costi/produttività, come se ci fosse una gara a ottenere di più.
Sovraffollamento delle stalle
Il sovraffollamento è causa di stress per l’uomo, la stessa cosa vale per gli animali. Tale condizione aumenta la suscettibilità dell’animale alle malattie. Per contrastare le patologie si ricorre più che in passato ad antibiotici e questo può portare al fenomeno dell’antibiotico resistenza.
Utilizzo di grandi quantità di acqua ed energia
Una mucca, un maiale o un pollo hanno bisogno di acqua per diventare adulti e rimanere produttivi; l’acqua è importante per l’idratazione e soprattutto per la coltivazione del loro mangime. Un discorso analogo riguarda il consumo di energia.
Gli attori responsabili
Forse starai pensando che dopo aver demolito il mondo dell’allevamento industriale, adesso arriverà anche il momento in cui ti scrivo di non mangiare carne.

Puoi dormire sonni tranquilli.
Non ho nulla contro gli allevamenti, perché esistono anche altre realtà.
Realtà più piccole che prestano attenzione all’ambiente e rispetto per gli animali. Si tratta di allevatori che prediligono la qualità alla quantità e che magari mettono da parte la logica del profitto per far posto a qualcos’altro.
Ma quest’Italia qua…se lo vuole sa…Che ce la farà…E il sistema c’è…Quando pensi a te…Pensa anche un po’ per me
Adriano Celentano
Le parole sono di “Svalutation”, una canzone di Adriano Celentano. Ti consiglio di ascoltarla, il testo è molto attuale.
Il punto è che cercare profitto è normale, i problemi si verificano quando si vuole molto, molto di più, senza pensare agli altri o a chi verrà dopo.
Le responsabilità non sono da imputare solo al produttore, anche il consumatore ha le sue. Egli è responsabile delle sue scelte, attraverso esse può influenzare la produzione e dirottare i produttori verso strategie più responsabili.
Buone scelte possono essere fatte solo se ben informati, quindi informati sempre su quello che compri. E’ più facile interfacciassi con piccole realtà, ad esempio: facendo due chiacchiere con il tuo macellaio sulla provenienza dell’alimento e le modalità di allevamento oppure, aderendo a gruppi di acquisto.
Orientarsi nella grande distribuzione è più difficile, perché le informazioni sull’etichetta sono limitate, anche se le indicazioni sulla tracciabilità aiutano a capire la provenienza.
Scegliere carne nata, allevata, macellata e preparata in Italia fa bene sia alla salute che all’indotto produttivo nazionale.

Take home message
La mia risposta alla domanda: “E’ possibile mangiare carne se hai a cuore la salute del pianeta?”
La mia risposta è sì: scegliendo carne prodotta con metodi sostenibili ed evitando di abusarne.
E’ curioso notare come i bisogni ambientali e salutistici coincidano.
Dal punto di vista salutare, la carne dovrebbe essere mangiata in quantità (e anche con una frequenza) limitata durante la settimana. In condizioni normali è sufficiente una quantità settimanale di 500g a settimana (in questa sono compresi i salumi, che dovrebbero rappresentare la minima parte).
Al giorno d’oggi in Italia se ne consumano tre volte tanto.
Quindi adeguare il consumo di carne e soprattutto scegliere quella derivante da allevamenti responsabili è il primo passo per costruire una salute forte e un mondo accogliente da lasciare alle generazioni future.
Ciao
Ciao Ludovica, ho visto anche “Thegamechangers” (deformazione professionale). Sono Completamente d’accordo con quello che hai scritto.
Se questi documentari hanno lo scopo di promuovere una maggiore informazione, ben venga la loro visione. Guardandolo bisogna fare attenzione a non lasciarsi trasportare dall’opinione di personaggio come Schwarzenegger e Baboumian. Entrambi hanno ottenuto grandissimi risultati nei loro campi, non solo a causa del loro regime alimentare, ma soprattutto grazie alla loro attenzione maniacale alle buone abitudini e ovviamente, a una genetica spaziale. Il punto focale della questione non è schierarsi tra gli onnivori o i vegani, ma alimentarsi con cognizione di causa.
Dopo aver visto questo come molti altri documentari che cavalcano l’onda vegan e ambientale, cerco sempre di farmi alcune domande, come:
– chi l’ha prodotto?
– perché l’ha prodotto?
– quali sono le fonti da cui l’autore trae le sue conclusioni?
– quali sono le argomentazioni di chi sostiene il contrario?
Non fermarsi in superficie aiuta a imboccare la strada giusta.
Grazie per il tuo commento dettagliato Ludovica
Uno delle considerazioni più qualunquistiche, pressappochiste ed ipocrite che abbia mai letto sul tema. Se stai cercando di difendere i piccoli allevatori ci può stare ma se stai difendendo l’indifendibile davanti alla catastrofe ambientale è semplicemente vergognoso. Guardate tutti Cowspiracy che spiega tutto per filo e per segno.
Buona vita.
Grazie del tuo feedback Andrea, anche se il tuo intervento a gamba tesa mi sembra un po’ esagerato.
Non avevo intenzione di scrivere delle righe tanto brutte, ma semplicemente fornire qualche informazione sull’argomento e degli spunti di riflessione.
Ho visto Cowspiracy e mi è sembrato un documentario sensazionalistico, talvolta impreciso e poco aperto al confronto. E’ facile fare presa sulle paure e le emozioni degli spettatori, lo è meno fornire dati precisi e analizzare la situazione nella sua interezza.
Credo che le vicende vadano analizzate in modo meno unidirezionale, dando voce a tutte le parti coinvolte e non solo a quelle in accordo con le teorie dell’autore. Per quanto riguarda le questioni etiche e l’urgenza di una maggiore sensibilità ambientale sono completamente d’accordo.
Per concludere il documentario come il mio post, preso nel modo giusto e continuando a informarsi, fornisce ottimi spunti per riflettere.
Giusto grande osservazione
Grazie Marco!