
La mole di informazioni disponibili sul web relativa all’indice glicemico e al carico glicemico è impressionante, perciò ho deciso di dire anche io la mia cercando di fare un po’ di chiarezza su alcune questioni:
- cosa sono?
- come si calcolano?
- perché è importante conoscere questi valori?
- gli alimenti a basso indice glicemico fanno dimagrire?
- cos’è l’insulina, l’indice insulinico e il carico insulinico?
La chiarezza sull’argomento non è mai troppa e nelle prossime righe capirai anche come non cadere preda di alcuni equivoci.
In fin dei conti, più conosci e più probabilità hai di fare la scelta giusta.
Da qualche parte, qualcosa di incredibile attende di essere conosciuto. Carl Sagan
Qualità e quantità
Le cose da dire sono tante, quindi vado subito al dunque.
L’indice glicemico (IG) di un alimento indica come cambia la glicemia in seguito all’assunzione di 50g di carboidrati (CHO) presenti in esso. Il suo valore è un indice, quindi non ha unità di misura ed è espresso in percentuale sulla velocità di aumento della glicemia con la stessa quantità di glucosio (IG=100).
Affinché tu lo sappia, alcune volte viene preso come riferimento il pane bianco invece del glucosio, ma questa scala è meno utilizzata.
Non sai cos’è la glicemia? Nessun problema, ho scritto un articolo sull’argomento: “Glicemia ed emoglobina glicata: guida ai due parametri”.
Tornando all’indice glicemico, esso fornisce una misura qualitativa di come un determinato alimento influisce sulla concentrazione di glucosio nel sangue. A questo punto sorge un’altra domanda: gli aumenti di glicemia cosa stimolano?
La risposta esatta è l’insulina, ma non è ancora il momento di affrontare l’argomento. Prima ecco una tabella con alcuni alimenti e i relativi indici glicemici.
Qui di seguito invece, una tabella con la classificazione dell’indice glicemico degli alimenti.
Bene! Abbiamo appena montato IG, ora è arrivato il momento di smontarlo. Uno dei problemi principali di questo indice dipende dal vizio che abbiamo di semplificare gli argomenti.
L’indice glicemico delle patate al forno è di 95 (quindi molto alto), ma quante patate devo mangiare per arrivare a consumare 50g di CHO da questo alimento? Te lo dico subito: circa 200g.
Ho specificato la patata al forno, perché anche la cottura può influenzare l’indice glicemico.
Un altro classico esempio è quello di un alimento con un alto indice glicemico, ma con un contenuto di zuccheri molto basso. Sto parlando della banana, che ha un quantitativo di CHO per 100g di prodotto che si aggira intorno ai 15g. Secondo questi valori, per consumare 50g di CHO dalla radice dovresti mangiare quasi tre banane.
La banana infatti non contiene solo CHO, ma come tutti gli alimenti contiene anche acqua, proteine, grassi e molto altro.
A causa di ciò, è utile conoscere anche il carico glicemico (CG). Quest’ultimo rappresenta la componente quantitativa del discorso.
Il CG corrisponde all’IG moltiplicato per grammi di CHO presenti nel prodotto diviso 100.
CG=IG/100xCHO
Tale concetto integra quello di IG e anche in questo caso gli alimenti possono essere divisi in alto, medio e basso carico glicemico.
Quanto più è elevato il consumo di un alimento con basso ID, tanto più evidente sarà l’aumento della glicemia. Al contrario, il consumo di una quantità ridotta di un alimento con IG elevato influenza la glicemia meno di quanto lascerebbe presumere il suo indice glicemico. Per questo nella pratica è molto più utile il Carico Glicemico.
Sono davvero utili?
Gli alimenti a basso o medio indice glicemico (o carico glicemico) possono aiutare a contrastare l’aumento di peso, l’obesità, la resistenza all’insulina e di conseguenza riducono il rischio del diabete di tipo 2.
Elevati carichi glicemici, infatti, possono provocare picchi glicemici costringendo il pancreas a rispondere con la secrezione di elevati quantitativi di insulina.
L’insulina è quell’ormone che spinge le cellule a “nutrirsi” sequestrando lo zucchero dal sangue e ristabilendo i valori glicemici. La glicemia a riposo deve aggirarsi tra i 60 e i 99 mg/dl.
I picchi glicemici possono provocare un’ipoglicemia reattiva, cioè un abbassamento repentino della glicemia in seguito all’eccessiva produzione di insulina.
Se tali picchi diventano un’abitudine allora le cose possono complicarsi, perché nel lungo periodo potresti:
- sviluppare insulino resistenza, ossia la difficoltà delle tue cellule di rispondere ai segnali dell’insulina.
- stressare il pancreas a causa della sua continua azione secretiva.
Entrambi gli effetti aumentano il rischio di sviluppare diabete di tipo 2.
Il rischio di aumento del peso invece riguarda soprattutto le persone poco attive. L’insulina, come già descritto, provoca l’entrata del glucosio nelle cellule e questo, se non utilizzato, diventa una riserva di glicogeno o di grassi.
Inoltre, l’insulina è un ormone anabolico, quindi in una condizione ipercalorica facilita l’aumento di massa grassa.
Indice Insulinico e Carico Insulinico
Uno dei limiti di questi parametri riguarda proprio l’insulina, perché tale ormone non è influenzato solo dai CHO, ma anche dagli altri due macronutrienti: le proteine e i grassi.
Per ovviare al problema esistono altri due parametri che possono fornirti indicazioni sull’influenza che un alimento ha sulla secrezione di insulina. I parametri in questione sono l’indice insulinico (II) e il carico insulinico (CI).
Essi rappresentano gli equivalenti dell’IG e del CG, ma riferiti all’insulina. La tabella seguente ti aiuta a capire come l’IG si differenzi dall’II e questo dipende dal fatto che tutti i macronutrienti sono coinvolti nella secrezione di insulina.
Come regolarsi senza tabelle
A questo punto avrai capito che questi concetti possono essere molto utili, ma sono d’accordo con te. Non puoi andare in giro con delle tavole e la calcolatrice per controllare il modo in cui mangi. Tranquillo sono contro l’ortoressia.
Puoi fare attenzione a consumare alimenti che impattano poco sulla tua glicemia o insulinemia conoscendo i fattori che influenzano i parametri fin qui descritti (IG, CG, II e CI). Ecco i più importanti:
- presenza di fibre: più fibre sono presenti negli alimenti consumati e minori saranno i valori;
- quantità di zuccheri semplici, in particolare mono e disaccaridi: meno sono presenti e più bassi saranno i valori;
- tipologia di cottura: come scritto in precedenza la cottura influenza la disponibilità degli zuccheri. Ad esempio, più un alimento amidaceo viene bollito e più aumentano i valori;
- grado di maturazione: per quanto riguarda la frutta, più essa è matura e più aumentano i valori;
- rapporto amilosio/amilopectina, cioè le componenti dell’amido: più il rapporto è sbilanciato a favore dell’amilosio e più i valori sono bassi;
- consumo di alimenti misti: in questo caso, i processi digestivi saranno più difficoltosi, rallentando l’assimilazione dei CHO. I pasti misti possono ridurre l’Ig e il CG, tuttavia ciò non è detto avvenga anche per l’II e il CI, perché questi ultimi sono influenzati anche da proteine e grassi.
Conclusioni
Alla fine chi ha vinto?
Credo alla fine si può dire che vincono tutti.
Tutti i concetti descritti sono utili a creare un sistema alimentare che promuova la tua salute, anche se non sono d’accordo con quei regimi che mettono al centro di tutto questi parametri.
Essi sono strumenti e come ogni strumento devono essere usati con responsabilità.
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Ciaooooooo
Molto interessante
È possibile avere una tabella degli alimenti con i.g. e carico glic. degli alimenti aproteici?
Ciao Franca,
per quanto riguarda l’IG non ho inserito altri alimenti, perché sul web si trovano centinaia di tabelle con i valori. Se ti interessano i cibi aproteici puoi cercare nelle tabelle ad esempio prodotti amidacei di derivazione vegetale, come pasta, pane, prodotti da forno, frutta, verdura, ecc. Tutti prodotti con tenori proteici molto bassi.
Per il CG il discorso cambia dato che i valori dipendono dalla quantità di alimento assunta. Puoi calcolarlo utilizzando la formula indicata nel post.